Commento alle poesie:
Quasimodo - Uomo del
mio tempo
Brecht - Ballata del
soldato
Uomo del Mio Tempo
di Salvatore
Quasimodo
Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
- t’ho visto - dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
quando il fratello disse all'altro fratello:
«Andiamo ai campi». E quell'eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.
Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
- t’ho visto - dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
quando il fratello disse all'altro fratello:
«Andiamo ai campi». E quell'eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.
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Ballata del soldato
Di Berthold Brecht
Dalle biblioteche
escono i massacratori.
Stringendo a sé i figli
stanno le madri e scrutano atterrite
nel cielo le scoperte dei sapienti.
escono i massacratori.
Stringendo a sé i figli
stanno le madri e scrutano atterrite
nel cielo le scoperte dei sapienti.
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Fondamentalmente le poesie si differenziano sotto un solo
aspetto.
Quasimodo si
rivolge ai cuori degli uomini e ne denuncia l’immutata millenaria volontà di
distruzione che si annida in loro. Nulla è cambiato, sia sasso o atomica, essi
rimangono portatori di morte.
Brecht parla alle
menti, sembra più soft, più poetico, ma in realtà è molto duro perché va a
colpire il sapere degli ideatori di mezzi di distruzione, di esperimenti
ideologici sugli umani, colpisce chi fa dello studio un uso distorto.
Ma molte sono le analogie.
Ovunque rivolgessero lo sguardo vedevano orrore, morte,
stupri, devastazioni.
Quasi a pensare che nella perfezione del Creato ci fosse una
svista: gli uomini.
Comune anche il grido di speranza per le nuove generazioni.
Con i loro scritti, i due autori volevano smuovere le
coscienze dei postumi, ma le risposte non sono state positive: i figli che
dovevano dimenticare i padri e chi stava in braccio alle madri sono quelli che
continuano a salire nelle carlinghe.
Risulta evidente per entrambi che l’umanità, ieri come oggi,
non può vivere senza i vinti.
Da sempre sento dire: solo conoscendo il passato si può
avere un futuro migliore.
Per quanto ancora si dovranno leggere i grandi autori dell’
‘800 e ‘900 perché le coscienze si ravvedano?
Leggiamo “Il ciclo dei
vinti” di Verga e ci accorgiamo che nulla è cambiato, commentiamo “Uomo del mio tempo” e si ha la
sensazione che dal titolo manchi “e del
futuro”.
Basterebbe da sola “La
ballata del soldato” per colpire le menti più tarlate.
Niente di tutto ciò accadde, il passato si conosce ma le
guerre continuano.
Il regalo che chiedo è un poeta contemporaneo che infonda un
po’ di speranza.
“La ballata del
neonato”
“Dalle aule
escono i ricercatori.
Stringendo a se i figli
stanno le madri e scrutano fiduciose
nelle menti le
scoperte dei sapienti”.
Adriano Toffolon