La seconda parte della gita del 22 febbraio è stata dedicata alla visita della foiba di Basovizza, vicino a Trieste, che all’origine era un pozzo minerario di oltre 200 metri di profondità, e che è stata dichiarata monumento nazionale nel 1992, ed eletta come simbolo.
Le foibe sono cavità carsiche dove furono gettati i corpi di militari e civili residenti nei territori della Venezia Giulia passati poi alla Yugoslavia.
Il 10 febbraio 1947 l’Italia cedette Istria, Fiume e Dalmazia alla Yugoslavia.
Nel 2004 il parlamento ha proclamato il 10 febbraio “giorno del ricordo”, allo scopo di rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, e anche dell’esodo dalle loro terre degli istriani, dalmati e fiumani nel secondo dopoguerra: una vicenda storica che è stata per troppo tempo oscurata e dimenticata.
La ricerca storica ha accertato due diverse fasi degli eccidi.
La prima nel 1943, dopo l’armistizio dell’8 settembre e il conseguente abbandono dell’Istria da parte dell’esercito italiano.
La seconda nel 1945 a Trieste, Fiume e Gorizia, che finirono per un breve periodo sotto l’occupazione di Tito, e durante il quale nelle foibe finirono tutti coloro che non accettavano la subordinazione al Maresciallo.
Schema della foiba inciso in una lapide |
Ci fu poi una “epurazione preventiva” di tutti gli oppositori, anche potenziali, ai nuovi confini che si volevano instaurare. Furono arrestati e uccisi in gran parte italiani, ma anche sloveni e croati.
Non ci sono cifre ufficiali sul numero delle vittime delle foibe, i dati più documentati sono del Centro Studi Adriatici:
Almeno 300.000 mila esuli
Oltre 10.000 vittime di cui:
3174 morti in campi di concentramento.
994 salme esumate da foibe e pozzi.
326 le vittime accertate ma non recuperate
5.643 quelle presenti in base alle testimonianze e segnalazioni locali.