Occorre ricordare che la satira ha dietro di sé una
tradizione millenaria e già nell’antica Grecia era temutissima dai politici in
quanto molto seguita dall’opinione pubblica.
Nel primo secolo dopo Cristo lo scrittore romano Marco Fabio
Quintiliano ne rivendica orgogliosamente la paternità chiosando “Satura quidem
tota nostra est”.
(certo la satira è tutta
nostra).
La più trasgressiva e graffiante delle arti si basa, dunque,
sull’ironia, e colpisce inevitabilmente i potenti della terra, ne esalta i
difetti, li rende ridicoli e piccoli agli occhi degli uomini. Tutto ciò può non
piacere, colpire la fede o la suscettibilità di qualcuno, ma non è possibile
PROIBIRE questo perché nessuno deve sentirsi in diritto di fissare dei paletti alla
democrazia. Uso questo termine perché la satira deve essere considerata grande
veicolo di democrazia in quanto applica, anche nei confronti dei ricchi e dei
potenti il più bello e il più sacro e il più venerato dei diritti umani: quello
dell’uguaglianza.
DIRITTO DI SATIRA
LIBERTA’ DI STAMPA
MARTA E’ CON CHARLIE
Marta Roghi
Presidente UTE SACILE 14-01-2015
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Libertà, dove ti sei
perduta?
I tragici fatti di sangue di
Parigi (l’assassinio dei 12 giornalisti di Charlie Hebdo) hanno portato anche
noi dell’UTE di SACILE a riflettere sul principio di Libertà, in questo caso di
pensiero e alla sua possibilità di esprimerlo.
Il concetto di libertà di
opinione ed espressione è sancito dall’art.21 della nostra Costituzione, dove è
data la possibilità a tutti di dire ciò che si pensa senza offendere il comune
senso del pudore o le persone con violenze verbali o fisiche, e ancora senza
incitare ad atti violenti.
E’ quindi una libertà d’opinione
ed espressione limitata, dove la soglia del comune senso del pudore o della
sensibilità altrui è dato dalla somma di tante soggettività che portano al dato
“oggettivo “della morale collettiva. Ma qui il discorso si complica troppo,
quindi ci limitiamo a ribadire con le parole di Evelyn Beatrice Hall
(che si firmava con pseudonimo maschile... ):
«Non sono d'accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu possa
dirlo» e lo scriveva a proposito della sua biografia su Voltaire.
Così
anche noi dell’UTE pubblichiamo una vignetta, opera di un nostro socio, per
riaffermare
la libertà di parola ed espressione (nei limiti sopra
citati) con
lo scopo di difendere- senza offendere- le libertà che nei
secoli i nostri predecessori hanno conquistato e che sono l’origine della
nostra democrazia, perché ogni tanto riflettere fa bene a tutti noi, per
ricordarci chi siamo e quali figli vogliamo crescere.
Cristina Trinco
Direttore UTE Sacile 14-01-2015
Editoriale del direttore di Charlie Hebdo
14 gennaio 2015
Ci saranno ancora dei "sì, ma"?
Da una settimana, Charlie,
giornale ateo, compie più miracoli che tutti i santi e i profeti riuniti.
Quello di cui noi siamo più fieri, è che avete tra le mani un giornale che noi
abbiamo sempre fatto, in compagnia di quelli che l'hanno sempre fatto. Quello
che ci ha più fatto ridere, è che le campane di Notre-Dame hanno suonato in
nostro onore...
Da una settimana Charlie solleva
nel mondo molto più che le montagne. Da una settimana, come ha magnificamente
disegnato Willem, Charlie ha un
sacco di nuovi amici. Anonimi e celebrità planetarie, umili e ricchi,
miscredenti e dignitari religiosi, sinceri e gesuiti, di quelli che noi avremo
con noi per la vita e di quelli che sono solo di passaggio. Oggi li prendiamo
tutti, non abbiamo il tempo né il cuore di distinguerli.
Ma non siamo neanche dei babbei. Ringraziamo con tutto il cuore quelli che, in
milioni, che siano semplici cittadini o che incarnino le istituzioni, sono
veramente al nostro fianco, che, profondamente e sinceramente "sono
Charlie" e che si riconosceranno. E schifiamo gli altri, che ad ogni modo
se ne sbattono...
Ci preme comunque una domanda: andrà a sparire dal vocabolario politico e
intellettuale la brutta parola di "laico integralista"? Si smetterà
di inventare delle erudite circonvoluzioni semantiche per qualificare
ugualmente gli assassini e le vittime? In questi ultimi anni, noi ci siamo
sentiti un po' soli, a tentare di respingere a colpi di matita le puttanate
gratis e le sottigliezze pseudo intellettuali che ci sbattevano in faccia e in
faccia ai nostri amici che difendevano fermamente la laicità: islamofobi,
cristianofobi, provocatori, irresponsabili, spanditori di benzina sul fuoco,
razzisti, ve-la-siete-ben-cercata...
Sì, noi condanniamo il terrorismo, ma. Si, minacciare di morte dei disegnatori,
non è bene, ma. Sì, incendiare un giornale, è male, ma. Noi abbiamo sentito di
tutto, e i nostri amici anche. Noi abbiamo spesso abbozzato una risata, perché
è quello che facciamo meglio. Ma noi vorremmo, adesso, ridere di altro. Perché
tutto questo già ricomincia.
Il sangue di Cabu, Charb, Honoré, Tignous, Wolinski, Elsa Cayat, Bernard,
Maris, Musapha Ourrad, Michel Renaud, Franck Brinsolaro, Frédéric Boisseau,
Ahmed Merabet, Clarissa Jean-Philippe, Philippe Braham, Yohan Cohen, Yoav
Hattab, Francois-Michel Saada, non era ancora secco che Thierry Meyssan
spiegava ai suoi fans su Facebook che si trattava, evidentemente, di un
complotto giudeo-americano-occidentale. Si sentiva già, qua e là, le fini
bocche fare il broncio davanti alle manifestazioni di domenica scorsa, sbavando
dai lati delle labbra gli eterni cavilli volti a giustificare, apertamente o
sottovoce, il terrorismo e il fascismo religioso, e indignandosi, tra l'altro,
che si celebrassero i poliziotti = SS.
No, in questo massacro, non ci sono dei morti meno ingiusti di altri. Franck,
che è morto nei locali di Charlie,
e tutti i suoi colleghi uccisi durante questa settimana di barbarie sono morti
per difendere le idee che, forse, non erano neppure le loro.
Noi cerchiamo comunque di essere ottimisti, anche se non è stagione. Speriamo
che a partire da questo 7 gennaio 2015 la ferma difesa della laicità sia
evidente a tutti, che si smetta, per partito preso, per calcoli elettorali o
per lassismo, di legittimare o anche di tollerare il comunitarismo e il
relativismo culturale, che apre la strada a una sola cosa: il totalitarismo
religioso.
Sì, il conflitto israelo-palestinese è una realtà, sì, la geopolitica
internazionale è un susseguirsi di manovre e di sporchi trucchi, sì, la
situazione sociale delle, come si dice, "popolazioni di origine
musulmana" in Francia è profondamente ingiusta, sì, il razzismo e le
discriminazioni devono essere combattute senza tregua.
Ci sono fortunatamente diversi strumenti per tentare di risolvere questi gravi
problemi, ma sono sempre inefficaci se ne manca uno: la laicità. Non la laicità
positiva, non la laicità inclusiva, non la laicità-non-so-cosa, la laicità punto
e stop.
Essa sola permette, perché esalta l'universalità dei diritti, l'esercizio
dell'uguaglianza, della libertà, della fraternità. Essa sola permette la piena
libertà della coscienza, libertà che nega, più o meno apertamente secondo i
loro posizionamenti di marketing, tutte le religioni da quando lasciano il
terreno della stretta intimità per scendere sul terreno politico.
Essa sola permette, ironicamente, ai credenti, e agli altri, di vivere in pace.
Tutti quelli che pretendono di difendere i musulmani accettando il discorso
totalitario religioso difendono in effetti i loro carnefici. Le prime vittime
del fascismo islamico, sono i musulmani.
Le milioni di persone anonime, tutte le istituzioni, tutti i capi di Stato e di
governo, tutte le personalità politiche, intellettuali e mediatiche, tutti i
dignitari religiosi che, questa settimana, hanno proclamato "Je suis Charlie" devono sapere che questo
vuol dire anche "Io sono la laicità". Noi siamo convinti che, per la
maggioranza dei nostri sostenitori, questo va da sé. Noi lasciamo gli altri
sbrigarsela con questo.
Un'ultima cosa, importante. Noi vorremmo mandare un messaggio a papa Francesco,
che, anche lui, "è Charlie"
questa settimana: noi non accettiamo che le campane di Notre-Dame suonino in
nostro onore finché non saranno le Femen a farle suonare.
Gérard Biard
(traduzione di Filippo Tramelli)