giovedì 15 gennaio 2015

SATIRA: a chi fa paura?

Occorre ricordare che la satira ha dietro di sé una tradizione millenaria e già nell’antica Grecia era temutissima dai politici in quanto molto seguita dall’opinione pubblica.

Nel primo secolo dopo Cristo lo scrittore romano Marco Fabio Quintiliano ne rivendica orgogliosamente la paternità chiosando “Satura quidem tota nostra est”.
(certo la satira è tutta nostra).

La più trasgressiva e graffiante delle arti si basa, dunque, sull’ironia, e colpisce inevitabilmente i potenti della terra, ne esalta i difetti, li rende ridicoli e piccoli agli occhi degli uomini. Tutto ciò può non piacere, colpire la fede o la suscettibilità di qualcuno, ma non è possibile PROIBIRE questo perché nessuno deve sentirsi in diritto di fissare dei paletti alla democrazia. Uso questo termine perché la satira deve essere considerata grande veicolo di democrazia in quanto applica, anche nei confronti dei ricchi e dei potenti il più bello e il più sacro e il più venerato dei diritti umani: quello dell’uguaglianza.

DIRITTO DI SATIRA
LIBERTA’ DI STAMPA
MARTA E’ CON CHARLIE

Marta Roghi
Presidente UTE SACILE 14-01-2015

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 Libertà, dove ti sei perduta?

I tragici fatti di sangue di Parigi (l’assassinio dei 12 giornalisti di Charlie Hebdo) hanno portato anche noi dell’UTE di SACILE a riflettere sul principio di Libertà, in questo caso di pensiero e alla sua possibilità di esprimerlo.
Il concetto di libertà di opinione ed espressione è sancito dall’art.21 della nostra Costituzione, dove è data la possibilità a tutti di dire ciò che si pensa senza offendere il comune senso del pudore o le persone con violenze verbali o fisiche, e ancora senza incitare ad atti violenti.
E’ quindi una libertà d’opinione ed espressione limitata, dove la soglia del comune senso del pudore o della sensibilità altrui è dato dalla somma di tante soggettività che portano al dato “oggettivo “della morale collettiva. Ma qui il discorso si complica troppo, quindi ci limitiamo a ribadire con le parole di Evelyn Beatrice Hall (che si firmava con pseudonimo maschile... ): «Non sono d'accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu possa dirlo» e lo scriveva a proposito della sua biografia su Voltaire.
Così anche noi dell’UTE pubblichiamo una vignetta, opera di un nostro socio, per riaffermare la libertà di parola ed espressione (nei limiti sopra citati) con lo scopo di difendere- senza offendere- le libertà che nei secoli i nostri predecessori hanno conquistato e che sono l’origine della nostra democrazia, perché ogni tanto riflettere fa bene a tutti noi, per ricordarci chi siamo e quali figli vogliamo crescere.

Cristina Trinco
Direttore UTE Sacile 14-01-2015


Editoriale del direttore di Charlie Hebdo 14 gennaio 2015
Ci saranno ancora dei "sì, ma"?

Da una settimana, Charlie, giornale ateo, compie più miracoli che tutti i santi e i profeti riuniti. Quello di cui noi siamo più fieri, è che avete tra le mani un giornale che noi abbiamo sempre fatto, in compagnia di quelli che l'hanno sempre fatto. Quello che ci ha più fatto ridere, è che le campane di Notre-Dame hanno suonato in nostro onore...

Da una settimana Charlie solleva nel mondo molto più che le montagne. Da una settimana, come ha magnificamente disegnato Willem, Charlie ha un sacco di nuovi amici. Anonimi e celebrità planetarie, umili e ricchi, miscredenti e dignitari religiosi, sinceri e gesuiti, di quelli che noi avremo con noi per la vita e di quelli che sono solo di passaggio. Oggi li prendiamo tutti, non abbiamo il tempo né il cuore di distinguerli.

Ma non siamo neanche dei babbei. Ringraziamo con tutto il cuore quelli che, in milioni, che siano semplici cittadini o che incarnino le istituzioni, sono veramente al nostro fianco, che, profondamente e sinceramente "sono Charlie" e che si riconosceranno. E schifiamo gli altri, che ad ogni modo se ne sbattono...

Ci preme comunque una domanda: andrà a sparire dal vocabolario politico e intellettuale la brutta parola di "laico integralista"? Si smetterà di inventare delle erudite circonvoluzioni semantiche per qualificare ugualmente gli assassini e le vittime? In questi ultimi anni, noi ci siamo sentiti un po' soli, a tentare di respingere a colpi di matita le puttanate gratis e le sottigliezze pseudo intellettuali che ci sbattevano in faccia e in faccia ai nostri amici che difendevano fermamente la laicità: islamofobi, cristianofobi, provocatori, irresponsabili, spanditori di benzina sul fuoco, razzisti, ve-la-siete-ben-cercata...

Sì, noi condanniamo il terrorismo, ma. Si, minacciare di morte dei disegnatori, non è bene, ma. Sì, incendiare un giornale, è male, ma. Noi abbiamo sentito di tutto, e i nostri amici anche. Noi abbiamo spesso abbozzato una risata, perché è quello che facciamo meglio. Ma noi vorremmo, adesso, ridere di altro. Perché tutto questo già ricomincia.

Il sangue di Cabu, Charb, Honoré, Tignous, Wolinski, Elsa Cayat, Bernard, Maris, Musapha Ourrad, Michel Renaud, Franck Brinsolaro, Frédéric Boisseau, Ahmed Merabet, Clarissa Jean-Philippe, Philippe Braham, Yohan Cohen, Yoav Hattab, Francois-Michel Saada, non era ancora secco che Thierry Meyssan spiegava ai suoi fans su Facebook che si trattava, evidentemente, di un complotto giudeo-americano-occidentale. Si sentiva già, qua e là, le fini bocche fare il broncio davanti alle manifestazioni di domenica scorsa, sbavando dai lati delle labbra gli eterni cavilli volti a giustificare, apertamente o sottovoce, il terrorismo e il fascismo religioso, e indignandosi, tra l'altro, che si celebrassero i poliziotti = SS.

No, in questo massacro, non ci sono dei morti meno ingiusti di altri. Franck, che è morto nei locali di Charlie, e tutti i suoi colleghi uccisi durante questa settimana di barbarie sono morti per difendere le idee che, forse, non erano neppure le loro.

Noi cerchiamo comunque di essere ottimisti, anche se non è stagione. Speriamo che a partire da questo 7 gennaio 2015 la ferma difesa della laicità sia evidente a tutti, che si smetta, per partito preso, per calcoli elettorali o per lassismo, di legittimare o anche di tollerare il comunitarismo e il relativismo culturale, che apre la strada a una sola cosa: il totalitarismo religioso.

Sì, il conflitto israelo-palestinese è una realtà, sì, la geopolitica internazionale è un susseguirsi di manovre e di sporchi trucchi, sì, la situazione sociale delle, come si dice, "popolazioni di origine musulmana" in Francia è profondamente ingiusta, sì, il razzismo e le discriminazioni devono essere combattute senza tregua.

Ci sono fortunatamente diversi strumenti per tentare di risolvere questi gravi problemi, ma sono sempre inefficaci se ne manca uno: la laicità. Non la laicità positiva, non la laicità inclusiva, non la laicità-non-so-cosa, la laicità punto e stop.

Essa sola permette, perché esalta l'universalità dei diritti, l'esercizio dell'uguaglianza, della libertà, della fraternità. Essa sola permette la piena libertà della coscienza, libertà che nega, più o meno apertamente secondo i loro posizionamenti di marketing, tutte le religioni da quando lasciano il terreno della stretta intimità per scendere sul terreno politico.

Essa sola permette, ironicamente, ai credenti, e agli altri, di vivere in pace. Tutti quelli che pretendono di difendere i musulmani accettando il discorso totalitario religioso difendono in effetti i loro carnefici. Le prime vittime del fascismo islamico, sono i musulmani.

Le milioni di persone anonime, tutte le istituzioni, tutti i capi di Stato e di governo, tutte le personalità politiche, intellettuali e mediatiche, tutti i dignitari religiosi che, questa settimana, hanno proclamato "Je suis Charlie" devono sapere che questo vuol dire anche "Io sono la laicità". Noi siamo convinti che, per la maggioranza dei nostri sostenitori, questo va da sé. Noi lasciamo gli altri sbrigarsela con questo.

Un'ultima cosa, importante. Noi vorremmo mandare un messaggio a papa Francesco, che, anche lui, "è Charlie" questa settimana: noi non accettiamo che le campane di Notre-Dame suonino in nostro onore finché non saranno le Femen a farle suonare.

Gérard Biard
(traduzione di Filippo Tramelli)